Il termine estetica ha radici profonde, sia filosofiche che professionali.
Se passeggiamo per la città eterna, difficile non inciampare nella voglia di indossare gli occhiali 3D e catapultarsi in epoca imperiale seguendo il percorso delle Terme Di Caracalla.
Questo ci offre la possibilità di visualizzare l’imponenza storica della concezione di cura del sé. L’estetica in termini Kantiani è il primo motore dell’intuizione sensibile. Ovvero la capacità insita nell’animo sensibile di saper intuire, cogliere un dato. Accorgersi.
Accorgersi dell’altro?
Vent’anni fa chi si rivolgeva all’estetista lo faceva primariamente per migliorare il proprio aspetto esteriore.
Le tipologie di trattamenti erano rivolti al corpo e forse non si riusciva ancora a interpretare il ruolo dell’estetista come una figura che potesse portare giovamento anche all’animo.
Cosa è cambiato? Nel corso dell’ultimo decennio, la figura professionale dell’estetista ha assunto il valore di “operatrice del benessere”. Una definizione profonda. Operare per il benessere di qualcuno. Forse l’accezione più kantiana che possiamo immaginare.
I percorsi che i nuovi centri estetici offrono ai propri clienti creano un vero e proprio legame tra salute esteriore e benessere interiore, si lavora infatti non su ciò che ci rende unicamente più apprezzabili soprattutto ai nostri occhi, ma su ciò che ci fa stare bene.
Oltre a quella che viene definita -estetica di base- le nuove operatrici del benessere imparano a cogliere il linguaggio del corpo, imparano a studiare la propria clientela, a coglierne le sfumature di un’espressione, l’intonazione della voce, il disagio estetico che si ripercuote sull’animo, ma la vera domanda è: come si può imparare a leggere l’altro?
La risposta è incorniciata nel percorso professionale che le giovani leve intraprendono per poter diventare operatrici del benessere, viene infatti proposto loro un pacchetto di lezioni formative volte a misurarsi con l’empatia, il sentimento più nobile che possiamo coltivare, sentire ciò che sente l’altro, interiorizzare le emozioni altrui, al punto di riuscire a farle nostre.
Tra le metodologie didattiche innovative, quella più utilizzata, al raggiungimento dello scopo è il Role Play, il gioco di ruolo.
Giocare per conoscere l’altro, interpretare un ruolo e conseguentemente interpretare le sfaccettature di un’esigenza, di una necessità. Sentire di dover essere visti e quindi imparare a vedere. Si parte sempre dalla concezione che il trattamento è lo stesso, ma viene disegnato su corpi diversi e quindi su personalità differenti, con un vissuto differente e sfumature caratteriali differenti. Cura del corpo come risposta, spesso inclemente, alla cura dell’animo.
La bellezza quindi cambia la sua più superficiale concezione filologica, non si tratta più di rispettare i canoni preposti, di omologarsi alle tendenze, ma assume il significato del piacersi per stare bene. E forse non c’è intuizione sensibile più vera.