Ironia: dal tragico alla risata. A scuola, in FAD ovviamente …
- 16 Febbraio 2021
- Pubblicato da: admin
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Ironia, Treccani definisce il termine ironia nell’uso comune come la dissimulazione del proprio pensiero (e la corrispondente figura retorica) con parole che significano il contrario di ciò che si vuol dire, con tono tuttavia che lascia intendere il vero sentimento.
Insomma per poter essere ironici, bisogna essere in primis un po’ tragici, poi un tantino malinconici e alla fine si deve essere in grado di riderci su. Beh fantastico. Difficilissimo. C’è chi è ironico di natura, c’è chi ci prova e a chi servirebbe diventarlo. Così ho pensato ad una frase che mi ripeteva sempre mia nonna: puoi definire un capitolo della tua vita veramente chiuso quando senza pensarci inizi a riderne. Sarà che aveva ragione? Ho provato ad assegnare alle ragazze del quarto anno un elaborato scritto in cui avrebbero dovuto provare a raccontare in chiave divertente la didattica a distanza, proprio adesso che lentamente la stiamo abbandonando e stiamo tornando alla scuola tra i banchi. Giuro che da professoressa raramente mi era capitato di ridere così tanto, sono state tutte meravigliosamente brave, ma un tema in particolare ha catturato le risate delle compagne e anche del corpo docenti.
Dopo un anno che è parso un decennio siamo finalmente entrati a far parte della squadra gialla ed eccoci qui, sedute nei nostri tanto agognati banchi di scuola.
Quanto mi era mancato ridere e parlare con le mie compagne? Quanto mi era mancato aspettare Martina mai puntuale, al freddo, sotto la pioggia, la neve, la tempesta, il sole, 40 gradi, il vento, il maestrale, lo scirocco, in stazione? O ascoltare le Odissee (perché non ne basta una, no lei ne ha riscritte almeno 8) di Alessandra? E mi sono mancati anche i dolcevita del prof di matematica.
Però insomma, via, cerchiamo di essere sinceri non era poi così male puntare la sveglia alle 8, aprire gli occhi e mettere alla prova le proprie capacità vitali inserendo tre, quattro, cinque, sei, sette volte il codice di accesso alla riunione che ricordo oggi meglio del mio numero di telefono. Ah ma, poco cambiava eh, Martina era ritardaria comunque, solo che io non l’aspettavo in stazione, i professori lasciavano a tutti il tempo di entrare in riunione e passavano circa 15 minuti ora che si terminava l’appello, e in quel frangente il rischio di ricrollare in un sonno profondo era davvero altissimo e alla fine si è arrivati a collezionare niente di meno che 48 ore di assenze parziali.
Tra le 8 e le 10 l’emozione più viva in me era la speranza che Rebecca non attivasse l’audio e che evitasse di traumatizzare il mio cervello dormiente con la sua parlantina super iper squillante a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Speranza che al contrario di come si dice era la prima a morire, a morire malissimo tra l’altro. In fondo la formazione a distanza non era poi così distante dalla realtà, ogni persona dietro lo schermo si presenta esattamente per com’è dal vivo. Giada e Chiara si sentivano raramente, e parlavano solo se interpellate, io spalmo marmellata sul pane, Asia va risvegliata ogni 8 minuti, non abbiamo ancora capito se il suo è un principio di narcolessia oppure è proprio così, va ricaricata ogni 8 minuti. Nicole e Giulia sono sempre insieme, Roberta c’è sa tutto ma non si vede, la prof di Italiano non ha mai pensato di abbandonare le sua attività di conoscenza del sé perché anche in fad ho dovuto dirle se mi sentivo più un bigné alla crema o una meringa o se mi fossi svegliata più Alda Merini o più Giacomo Leopardi.
Insomma aprivo Cisco Webex e ritrovavo la mia quotidianità. Una cosa solo non c’era e mi è tanto mancata: le segretarie Giusi e Virna, a chi potevo fare domande alle quali nessuno prima di loro avrebbe potuto offrirmi risposta? “Chiedi a Giusi e Virna” è il nostro total black scolastico. Non passa mai di moda e sta bene con tutto.
Marta